DA MIUCCIA PRADA A GIORGIO ARMANI, COME MAI CERTI DESIGNER SI VESTONO SEMPRE NELLO STESSO MODO?

Nel mondo della moda l'apparenza è tutto ma, paradossalmente, i designer più celebri scelgono di indossare un'uniforme, un look distintivo che rimane immutato nel tempo. Perché proprio chi sperimenta con look originali e fantasiosi spesso preferisce mantenere uno stile personale statico e spesso sobrio? La risposta risiede in una combinazione di branding personale, praticità e una strategia ben ponderata di comunicazione non verbale.

L'uniforme come marchio di fabbrica

In un'epoca di sovraesposizione mediatica, dove ogni dettaglio può essere scrutinato e analizzato, l'uniforme diventa un potente strumento di personal branding. È un modo per i designer di essere immediatamente riconoscibili. Ciò che indossiamo è il nostro primo biglietto da visita e questo è particolarmente vero per gli addetti ai lavori. La ripetizione di uno stile preciso diventa un'arma per costruire una firma visiva che definisce non solo il personaggio pubblico, ma anche la sua identità professionale.

Un esempio emblematico è Miuccia Prada, sempre nella sua tenuta con gonna ampia al ginocchio e maglioncino, spesso abbinata a décolleté e gioielli vistosi. Tra noia borghese e irriverenza, tra classicismo e sperimentazione, il look riflette perfettamente il DNA di Prada e Miu Miu, dove l'innovazione si fonde con la tradizione.

Giorgio Armani, noto per il suo minimalismo sofisticato, ha fatto del pullover o della T-shirt girocollo abbinati a pantaloni morbidi una costante del suo guardaroba. Il suo stile, rigorosamente nei toni del blu navy e del nero, rappresenta una scelta personale che enfatizza l'eleganza senza tempo e la discrezione, caratteristiche che si rispecchiano nelle sue collezioni.

Dall'altro lato dello spettro c'è Donatella Versace, che incarna la grinta della maison Versace con abiti neri aderenti, tacchi alti e un make-up intenso a contrasto con la chioma bionda. La sua uniforme incarna lo stile glamour, audace e provocatorio del marchio fondato dal fratello.

L’uniforme come scelta pratica

Oltre al branding, c'è una ragione pratica per cui molti designer optano per un look uniforme: alleviare la decision fatigue. Gestire una casa di moda richiede un'enorme quantità di creatività e decisioni quotidiane, e semplificare la scelta dell'abbigliamento personale può liberare energia mentale per altre attività più importanti.

Karl Lagerfeld ha fatto di questa filosofia uno stile di vita. Con il suo look gotico-chic, caratterizzato da completi neri, cravatte larghe e guanti in pelle, ha creato un'immagine che non solo è iconica, ma anche incredibilmente efficiente. Lagerfeld ha dichiarato più volte di non voler perdere tempo a decidere cosa indossare, preferendo concentrarsi sulle sue collezioni per Chanel, Fendi o il marchio eponimo.

Phoebe Philo, l'ex direttrice creativa di Celine che ha da poco lanciato il suo marchio eponimo, ha un approccio simile. Conosciuta per il suo stile minimalista, Philo indossa spesso maglioncini a collo alto e pantaloni sartoriali – con ai piedi un paio di Stan Smith – preferendo la sobrietà e la funzionalità. La sua scelta di abbigliamento rifletteva il suo desiderio di mettere in primo piano il suo lavoro piuttosto che il suo aspetto.

L'uniforme come manifesto

Per alcuni designer, l'uniforme è più di una scelta pratica o estetica; è un manifesto. È un modo per dichiarare i propri valori e la propria visione del mondo.

Yohji Yamamoto, per esempio, è noto come il "poeta del nero", e il suo guardaroba monocromatico ne è la testimonianza. Il nero, per Yamamoto, è più di un colore: è un simbolo di ribellione contro il consumismo sfrenato della moda, un modo per concentrarsi sull'essenza piuttosto che sulla superficie. Inoltre, in un’intervista del 2000 con Suzy Menkes aveva dichiarato che "Il nero è modesto e arrogante allo stesso tempo. [...] Ma soprattutto il nero dice questo: 'Io non disturbo te, tu non disturbi me'".

Rick Owens, con i suoi capi dalle linee lunghe e i famosi stivali Grill Kiss, rappresenta un altro esempio di designer che incarna il suo marchio. Owens, infatti, indossa spesso i propri design, trasformandosi in una sorta di musa di se stesso. Il suo stile dark e avant-garde diventa una manifestazione visibile della sua estetica.

Allo stesso modo, Tom Ford è sinonimo di eleganza. Il designer texano è celebre per il suo impeccabile completo sartoriale, una scelta che riflette il suo amore per il glamour e la perfezione. L'accessorio feticcio? L'occhiale scuro, in passerella come sul red carpet.

L'uniforme come esplorazione di sé

Non tutti i designer, tuttavia, scelgono un'uniforme per rafforzare il proprio marchio o per motivi pratici: l'abbigliamento quotidiano può anche trasformarsi in un mezzo per esplorare la propria identità.

Alessandro Michele, il visionario prima dietro Gucci e ora Valentino, è noto per il suo stile eclettico e i suoi jeans abbinati a T-shirt con stampe e gioielli. Un mix di suggestioni, un disordinato studiatissimo, che parla di un processo di ricerca continua, celebrando l'individualità e l'espressione personale.

JW Anderson, direttore creativo di Loewe, è un altro esempio di designer che utilizza l'abbigliamento per esprimere sé stesso ritagliandosi uno spazio di semplicità oltre le sue creazioni più sperimentali. Perfetto ragazzo della porta accanto, si presenta sempre in jeans dal taglio dritto e T-shirt o pullover, in netto contrasto con l’eccentricità del marchio come a suggerire la ricerca di un equilibrio tra lavoro e vita privata.

Che sia per ragioni di branding, praticità o espressione personale, i designer che scelgono di vestirsi sempre allo stesso modo stanno facendo una dichiarazione. Attraverso le loro uniformi, ci raccontano chi sono, cosa rappresentano e come vedono il mondo.

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