«BIRRA O SPRITZ? MEGLIO IL VINO, I GIOVANI DEVONO TORNARE A BERLO». IL SETTORE è COLPITO DALLA DIATRIBA SALUTE E CONSUMO DI ALCOL

Giovani e alcol, un tema che allarma e sotto vari profili. Sono cambiate le abitudini e, spesso, ci sono troppi eccessi. Torna la «Milano da bere» ed è il vino vuole riprendersi il centro della scena. Dal 5 al 13 ottobre il capoluogo lombardo torna a ospitare la Wine Week. Le sfide principali della settima edizione? «Rispondere alle domande che il mondo del vino si pone, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, alla formazione del personale nell'ospitalità e al rapporto con i giovani, che scelgono sempre di più altre bevande», spiega all'Adnkronos Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week e founder di Mww Group.

«Il vino deve riconquistare i giovani»

«Quella del vino è una realtà che si trova davanti a un bivio cruciale — dice Gordini – e deve rinnovarsi, specialmente nella comunicazione, per conquistare una generazione che ha cambiato radicalmente le proprie abitudini di consumo». Non si tratta più solo di scegliere tra Franciacorta o Barolo, ma piuttosto di competere con birra e bevande analcoliche, un segmento in fortissima crescita. E qui nasce la vera sfida: come parlare ai giovani? «Non si può comunicare con loro come si farebbe con un pubblico più maturo o esperto» sottolinea Gordini. Serve una narrazione che parli il loro linguaggio, che tocchi i loro interessi. Ecco perché la Wine Week di quest'anno, dice, affiancherà il vino a mondi come la musica e l'intrattenimento. «Il vino deve diventare parte di quell'esperienza di svago e socialità che i giovani cercano, senza perdere la propria autenticità», afferma. Ma non è solo questione di gusti. Il settore vinicolo italiano, frammentato e composto perlopiù da piccoli player, è più vulnerabile rispetto ad altri comparti come quello della birra o degli spritz, dove le grandi aziende dominano: «Serve un cambio di passo», spiega Gordini.

La diatriba vino-salute

Sulla stessa linea, Luigi Moio, presidente dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino, Oiv, che intervenuto agli Etna days di Castiglione di Sicilia organizzati dal Consorzio Etna Doc, ha detto: «Il settore vive un momento difficile perché si è interrotta la trasmissione generazionale di cosa significhi consumare vino. Le nuove generazioni non sono state educate a farlo e oggi i giovani si allontanano dal vino ma assumono più alcol rispetto alla mia generazione. Paradossalmente, nella delicatissima questione alcol e salute ci va di mezzo il vino e non le altre bevande. A mio avviso – ha proseguito Moio – anche sul tema vino e salute c'è una grande responsabilità nella comunicazione, troppo spesso confusionaria e contraddittoria. Non possiamo dire che il vino fa bene perché c'è l'alcol, ma ci sono altri argomenti che distinguono il nostro mondo e che accomuna il prodotto con i territori e la loro storia. Serve affermare questi valori identitari per non confondere il vino con le altre bevande alcoliche. Il vino – ha concluso il presidente Oiv – non è un liquido, è un vettore culturale. Bere un calice di Etna è un atto culturale ed è indubbio che la forza della sua denominazione è data dall'identità costruita attorno al Vulcano».

L'alcol nuoce alla salute

È bene, però, precisare una cosa. Al contrario di quanto si ritiene comunemente, afferma il Ministero della Salute, l’alcol non è un nutriente e il suo consumo non è utile all’organismo o alle sue funzioni. Causa invece danni diretti alle cellule di molti organi, soprattutto fegato e sistema nervoso centrale, e in particolare alle cellule del cervello. L’alcol è, infatti, la principale causa di molte malattie. Tra le prime la sindrome o crisi di astinenza da alcol e il coma etilico o l'intossicazione acuta da alcol.

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