Sindrome Della Felicità Rimandata: Come Vivere Il Presente Per Evitare Di Cadere Nell'Insoddisfazione Costante
La cultura della performance e l'esposizione ai social media provocano in molte persone un senso di colpa nel godersi il tempo libero e di insoddisfazione nel raggiungere un obiettivo perché "non è abbastanza". Questa sensazione, nota come sindrome della felicità rimandata (síndrome de la felicidad aplazada), è uno stato in cui la mente stessa "inganna" chi ne soffre, provocando una sensazione di vuoto o insoddisfazione costante nell'attesa di un momento ideale che non arriva mai. Rebeca Cáceres Alfonso, Dottoressa in psicologia, indica la cultura della dopamina e del piacere immediato come una delle cause di questa sindrome. Cáceres Alfonso indica che condurre uno stile di vita focalizzato unicamente sul futuro può arrivare a provocare insicurezze, ansia, depressione e persino crisi esistenziali per il non sentirsi autorealizzati. Questa sindrome della felicità rimandata si manifesta solitamente in quelle persone che hanno un forte carattere autoesigente o la cui fonte di valore è attribuita al riconoscimento esterno. Per prevenire e trattare questa sindrome, consiglia di fare sport, meditare, disintossicarsi dai social media e ricorrere alla terapia. Azioni che favoriscono un cambiamento di mentalità e aiutano a vivere il presente e, soprattutto, a goderne.
2025-10-23T15:42:36Z
«Senza acqua corrente e senza scuola ma felici. Perché volete portarci via i nostri bimbi?»
Hanno scelto di vivere in mezzo alla natura. In una località sperduta, tra i boschi della provincia di Chieti, vicino Vasto, a Palmoli per la precisione. Hanno scelto di vivere in un piccolo casolare in pietra isolato dal resto del mondo. Con poche, pochissime cose. Perché Catherine e Nathan hanno una filosofia di vita che non comprende cellulari, tv, social e tutto quel mondo artificiale che «Non fa bene agli adulti e tantomeno ai bambini»- dicono. Lei australiana lui inglese hanno scelto di vivere proprio qui in Abruzzo e di far crescere i loro tre figli lontano dalla società “imbruttita, aggressiva, che non lascia spazio all’essere umano” spiega Catherine. Nel loro casolare manca l’acqua corrente e gli allacci del gas e dell’elettricità. Ma l’acqua raccolta nelle taniche c’è e viene riscaldata dalla grande stufa che brucia legna tutto il giorno. La stessa stufa che produce riscaldamento a sufficienza anche per la stanza da letto dove dormono tutti insieme. Il bagno si trova all’esterno, i bimbi sono abituati a servirsene e non è un problema. Il problema secondo il tribunale è che i tre figlioletti di 8 e 6 anni non frequentano la scuola. Perché i loro genitori hanno scelto l’unschooling, cioè l’istruzione spontanea, parentale, con i genitori e non tra le mura di una scuola tradizionale. Una possibilità che in Italia è legale. Questa famiglia che ha vissuto così finora ed appare felice e serena, ora è travolta da un caso montato dopo che i servizi sociali hanno fatto un’ispezione e hanno scritto che le condizioni abitative non sono adatte per quei minori e che la frequenza scolastica sarebbe necessaria. Il tribunale dell’Aquila deciderà entro fine mese di novembre se quei bimbi possono restare con i loro genitori o devono essere collocati altrove. Una decisione che sta già dividendo l’opinione pubblica prima ancora di essere messa nero su bianco.
2025-11-10T08:06:39Z